mercoledì 17 ottobre 2012

Nasce il dito magico di ET…. trasforma qualsiasi superficie in una interfaccia o schermo tattile | Segni dal Cielo - Portale web di UFO News, Cerchi nel grano, profezie maya, Convegni e seminari

Nasce il dito magico di ET…. trasforma qualsiasi superficie in una interfaccia o schermo tattile



Un viaggio sui mezzi pubblici o al negozio, oppure ad un bar, potrebbe dare l’impressione che il touchscreen sia  ovunque, ma gli scienziati di Autodesk della University of Alberta e l’Università di Toronto stanno cercando di vedere se sia possibile l’ubiquità delle interfacce touch al livello superiore. Appunto, ora questi scienziati stanno sviluppando un “dito magico” che permette a qualsiasi superficie di essere rilevata attraverso l’input di un tocco, spostando la tecnologia touch dalla superficie al dito di chi la indossa.



In realtà, con la sua luce a LED sembra un po ‘come il tentativo di imitare la scena del film ET ma non è proprio simile. Si tratta di un proof-of-concept, prototipo costituito da un piccolo anello con ancoraggio di cinghie in velcro che vanno sulla punta del dito di chi la indossa, con una scia di fili che portano a una scatola elettronica. Ci troviamo al confine tra il mondo digitale e reale.
Sull’anello ci sono una coppia di sensori ottici. Uno è a bassa risoluzione, con alta velocità del sensore per il movimento di inseguimento, il che non sarebbe molto impressionante perché rende il dispositivo solo un mouse con cinghia per il dito. Tuttavia, dito magico aggiunge una nuova dimensione con una fotocamera ad alta risoluzione, che è in grado di rilevare 32 diverse texture di superficie con il 98 per cento di precisione. Questo permette dito magico di riconoscere ciò che tocca, come un sacchetto in pelle o una tabella o di una pagina di rivista, e con queste informazioni trasformare varie superfici in interfacce per dispositivi o un modo di passare informazioni.

Tre posizioni possibili per portare il dito magico finale


Programmato per preferenze personali di chi lo indossa, il dito magico può fare di qualsiasi oggetto una interfaccia digitale. Un ronzio fastidioso di uno smartphone può essere disattivato toccando solo la custodia, oppure di un PC o tabllet, toccando solo una zona periferica in modo che può avviare un’applicazione o inviare un messaggio di testo salvato, toccando il logo anche su una camicia. Comandi di fissaggio e altri gesti possono essere utilizzati per il controllo del computer o tablet senza toccare il dispositivo, e le informazioni possono essere passate ad un dispositivo diverso.
Il team di Autodesk spera un giorno di fare del dito magico, un dispositivo autonomo con miniaturizzazione appropriata e senza fili. Una volta ridotte le dimensioni, il dispositivo può essere collegato ad un anello o incorporato sotto un’unghia o nello stesso polpastrello in modo che sia invisibile e dormiente fino a che sia poi necessaria la sua operatività. Il video qui sotto è una presentazione di dito magico da Research Autodesk.
A cura della Redazione Segnidalcielo



FONTE:Nasce il dito magico di ET…. trasforma qualsiasi superficie in una interfaccia o schermo tattile |
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venerdì 3 agosto 2012

Il drone marino italiano: un «aeroscafo» teleguidato a 200 all'ora - Corriere.it

Il drone marino italiano: un «aeroscafo» teleguidato a 200 all'ora

Propulsione doppia a idrogetto e micro-turboreattori. Comandato a distanza, assetto autoregolato a computer


MILANO - Prende le onde al volo il drone realizzato dal SeaLab Project dell’Università La Sapienza: un po’ aereo e un po’ scafo intelligente, questo «veicolo marino superveloce» raggiunge i 200 chilometri all'ora, legge il moto ondoso, reagisce di conseguenza, ed è piattaforma ideale per sperimentare nuove tecnologie. Il mezzo, dal nome tecnico di SeaLab High-Speed Unmanned (Hsu), è lungo poco meno di quattro metri e conta su un sistema di propulsione doppio: a idrogetto nella prima fase, una volta raggiunta l’alta velocità passa a «un sistema di micro-turboreattori simili a quelli che si trovano sugli aerei. Ma in versione miniaturizzata», come spiega Antonio Carcaterra, direttore del SeaLab Project. Novità, queste ultime, attualmente in fase in brevetto.


Il drone marino italiano Il drone marino italiano    Il drone marino italiano    Il drone marino italiano    Il drone marino italiano    Il drone marino italiano

COMANDATO A DISTANZA - Governato a distanza tramite «occhiali» che restituiscono la visuale percepita da bordo e monitorano costantemente la strumentazione dello scafo, il drone doppia la velocità ordinaria dei trasporti navali (50-60 nodi, corrispondenti all’incirca a 100 km/h) grazie a una progettazione che «concilia aspetti della navigazione aerea e di quella navale. Il veicolo», prosegue Carcaterra, «tocca velocità di questo livello perché può praticamente surfare sull’acqua. Altri mezzi, come ad esempio gli aliscafi, raggiungono sì alte velocità, ma poi hanno enormi difficoltà in presenza di onde: temono l’urto, che potrebbe rivelarsi catastrofico».
SCAFO INTELLIGENTE - Il SeaLab Hsu, invece, conta su strumentazioni che controllano le inclinazioni laterali del veicolo e ne mantengono l’assetto (o lo correggono rapidamente in caso di variazioni), ma soprattutto su un sistema di controllo che «legge» il profilo dell’onda in arrivo e trasmette allo scafo, in tempi minimi, istruzioni per elaborare la giusta strategia di risposta. Dotato di «pattini ammortizzati su gambe molto muscolose», può così prodursi in «una sorta di sci nautico, con una serie di salti sequenziali sulla superficie dell’acqua».
RISPARMIO - Applicare nuove tecnologie a un drone è anche una forma di risparmio. Senza equipaggio umano è possibile «lavorare su dimensioni ridotte, e quindi su costi inferiori rispetto a quelli richiesti da scafi più grandi. L’investimento, insomma, viene fatto a favore dell’implementazione di tecnologie innovative». Al momento, tra gli utilizzi del SeaLab Hsu sono previsti il pattugliamento e la ricognizione costiera a elevata velocità (servizi fruibili dalla Protezione civile e dalla Guardia costiera) e il possibile sviluppo di progetti «che riguardano il monitoraggio delle acque e dei fondali marini per verificarne lo stato di salute». Una versione del veicolo chiamata Hst (High-Speed Transporter), che dovrebbe comprendere il trasporto ultraveloce di persone, è inoltre in fase di studio. Ma se SeaLab è per prima cosa una «piattaforma tecnologica sulla quale ideare, sviluppare e sperimentare nuove tecnologie sia di diretta utilizzazione navale che esportabili in altri settori», un risultato trasversale è già stato raggiunto. Il sistema di diagnostica in fibra ottica che monitora le sollecitazioni strutturali dello scafo ad alta velocità potrà essere utilizzato per controllare la sicurezza dei ponti autostradali.


fonte:Il drone marino italiano: un «aeroscafo» teleguidato a 200 all'ora - Corriere.it

giovedì 7 giugno 2012

Ci siamo, arriva l'auto ad aria 7000 euro e 100 km con 1 euro - Repubblica.it

INTERVISTA

Ci siamo, arriva l'auto ad aria
7000 euro e 100 km con 1 euro

In vendita a metà del prossimo anno la famosa MDI che ha fatto innamorare anche il colosso Tata. Il primo modello sarà un quadriciclo leggero. Ecco l'incredibile storia raccontata direttamente dal papà di questa macchina, Cyril Negredi VINCENZO BORGOMEO

Ci siamo, arriva l'auto ad aria 7000 euro e 100 km con 1 euro

Tutto pronto: entro la metà del prossimo anno sarà in vendita l'attesissima auto ad aria, una macchina che nel serbatoio ha solo aria compressa, il sogno di tutti in un periodo di caro-carburante. La  Motor Development International (MDI), con sede in Lussemburgo, è infatti ormai a un passo dal lancio commerciale e in anteprima a Repubblica.it ha rilasciato tutte le informazioni di dettaglio sul suo progetto (che pubblichiamo integralmente come Pdf 1 - 2 - 3 ). Niente più segreti quindi. Si sa che costerà appena 7000 euro e che il primo modello ad arrivare sarà una city car, seguito poi da una gamma infinita di modelli, dalla berlina da famiglia alla piccola, dalla vetturetta per 14enni al Bus, passando per il veicolo commerciale, il trattore e il container. Non manca nulla, perfino un motore da attaccare a casa ad una presa di corrente per usarlo come generatore in caso di emergenza.

Evidentemente l'accordo stretto con la Tata nel gennaio del 2007 ha dato i suoi frutti e  -  soprattutto  -  la spinta giusta per passare dalla teoria alla pratica. "La prima auto ad aria ad arrivare sarà l'AirPod e sarà omologata come quadriciclo leggero "grande", quello per 16enni.
Poi ci sarà anche una versione baby, per i 14enni, e quindi una macchina vera - spiega lo stesso Cyril Negre, responsabile tecnico dell'auto ad aria della Mdi, il figlio di Guy Negre il fondatore della MDI - la sfida è lanciata".

Quando parla di 'lanciare' a che mercato si riferisce?
"All'inizio l'AirPod sarà consegnata in Francia e daremo la precedenza a chi l'ha già ordinata, poi sarà la volta di tutti i Paesi europei. Ma il concetto di commercializzazione per noi è un po' diverso: non avremo concessionarie, ma tante fabbriche".

Cioè chi la produce la vende anche?
"Si, esatto, nessuna concessionaria, ma officine: produciamo là dove vendiamo. Con vantaggi infiniti, economici, sociali. Pensi solo al fatto che un costruttore normale deve farsi carico di una logistica enorme perché produce in un solo posto e poi è costretto a spedire in tutto il mondo. Noi no. Da noi chi produce vende. Non paghiamo commissione al concessionario perché è la stessa fabbrica che vende la macchina, e questo abbassa enormemente i costi".

Si, ma dovrete avere diverse fabbriche, sparse per tutta Europa. E poi, scusi, perché prima parlava di vantaggi 'sociali'?
"I nostri piani di sviluppo sono molto precisi. Pensiamo di aver bisogno di 25 piccole fabbriche in Francia e 20 in Italia. Abbiamo già diversi contatti con molte aziende interessate a produrre le MDI".

E il 'sociale'?
"Deve vedere il progetto da un'angolazione diversa, complessiva. Immagini di produrre un certo numero di auto in una sola officina o in 50 fabbriche sparse per tutta Europa. Nel secondo caso facciamo del bene perché serve il 30% di forza lavoro in più. Sembra uno svantaggio, ma è una grande vantaggio perché si entra nel tessuto sociale delle città, si dà forza alle famiglie. E poi non dimentichi che per fare ecologia, oggi, non  basta fare macchine pulite, ma è necessario fare macchine che costano poco. E che richiedono poca energia per essere prodotte. Proprio quello che facciamo noi. In più non trasportiamo macchine finite qua e là per l'Europa. Le produciamo in loco, questo riduce ulteriormente le emissioni (e i costi) del ciclo produttivo".

Quante macchine riesce a produrre ogni officina?
"Circa 7000 macchine".

Sta dicendo che solo in Italia volete produrre 140 mila pezzi l'anno?
"Si, alla fine è questo l'obiettivo. E sono stime prudenti perché quando la gente conoscerà il nostro prodotto ci sarà un vero boom della domanda. La macchina costa poco, ma soprattutto costa pochissimo da usare, meno di 1 euro per fare 100 km. E poi il nostro concetto produttivo avvicinerà il pubblico al prodotto. Questi numeri fanno impressione ma se li distribuisce su 20 fabbriche il discorso è diverso. Oggi nessuno si può svegliare e trasformare in costruttore. L'unica strada è quella di creare tante piccole officine. Distribuendo il know how, non macchine fatte, è tutto più facile e veloce".

Le fabbriche saranno veri stabilimenti o solo fabbriche cacciavite? Ossia produrranno davvero o assembleranno solo pezzi che arrivano da fuori?
"No, saranno assolutamente fabbriche vere. Dove l''80 per cento della macchina viene prodotta in loco".

Veniamo ai luoghi comuni. L'accusa più diffusa è che per comprimere l'aria serve un sacco di energia.
"Si, ma il discorso vale anche per l'auto elettrica dove l'immagazzinamento dell'energia costa tantissimo. In realtà se analizza il progetto completo, noterà che le nostre auto sono ultra economiche. Tenga presente che una bombola fa 20 mila cicli, pari a 2 milioni di chilometri, quindi dura più della macchina, e questo è molto importante perché ha un riflesso diretto sui costi. Molto spesso la gente dirà che non c'è energia nell'aria compressa. E' vero, ce ne è poca. Ed è vero che per comprimere l'aria serve più energia che per caricare una batteria. Ma poi per funzionare un'auto ad aria brucia meno energia perché è leggerissima, per cui nel ciclo 'dal pozzo alla ruota' la tecnologia auto-ad aria è vincente".

Torniamo alla macchina. Si può caricare in due minuti in una stazione di servizio specifica o in tre ore ad una normale presa di corrente. A bordo quindi c'è un compressore?
"No, è lo stesso motore che spinge la macchina che funziona anche da compressore: non c'è motore e compressore, ma c'è solo un elemento che fa tutto. E che - volendo - può anche funzionare come generatore di corrente per appartamenti. Noi lo chiamiamo motore/alternatore. Bello no?".

Forse troppo... A questo punto c'è una sola domanda possibile. Come si fa a comprarla?
"Basta andare sul nostro sito (www.mdi.lu) e aderire al sistema di pre-ordini. Tutto molto semplice".

Ma avere una gamma pazzesca, tante officine diverse, non rischia di complicare tutto?
"No, affatto. Anzi, le officine sono simili, ma usano tecnologie differenti. Quando i numeri di vendita crescono cambia il modo di produrre".

Qual è stata la cosa più complicata da realizzare?
"Il motore e la tecnologia. Poi una volta stabilito questo è stato tutto facile. Va detto però che per passare dalla vetturetta AirPod alla macchina grande (la AirOne) abbiamo dovuto mettere a punto un sistema che noi chiamiamo a doppia energia. Ossia fra la bombola e il motore c'è un piccolo motore benzina o diesel. Questo bruciatore (fuori dal motore ad aria) scalda l'aria prima del motore, quindi aumenta l'autonomia. La scalda a 600 gradi e non dà emissioni nocive, solo un po' di CO2, ma consente di triplicare l'autonomia quindi 350 km circa con consumi ridicoli: mezzo litro per fare 100 km".

Parliamo di potenze e prestazioni.
"La piccola AirPod ha 7 Kw, ma una coppia completamente piatta di 45 Nm e una velocità massima di 80 Km/h. L'AirOne invece ha un motore da 15 Kw e fa i 100 orari. Ma è una macchina molto più grossa, pesa 400 kg. E poi c'è l'AirCity - ancora più grande - che non è più un quadriciclo leggero ma una macchina vera, fa i 130 orari ed ha con 25 Kw di potenza".

E' vero che la tecnologia dei veicoli ad aria compressa è antica?
"Si, c'erano carrelli nelle miniere che funzionavano così già nel 1870 e i francesi a inizio secolo fecero anche un tram, poi però arrivò il motore a scoppio...".

A proposito di motore a scoppio. Quelli fanno il pieno dai benzinai, in Italia ne abbiamo 20 mila. Le vostre stazioni di servizio invece?
"Sono tutte da fondare. Possono ricaricare una macchina in due minuti, ma non sono adatte ai privati, costerebbero troppo. Nel nostro progetto una stazione può rifornire fino a 85 macchine al giorno. Due minuti per riempire il serbatoio, poi il resto per pagare".

Ma 85 pieni al giorno sono circa 100 euro, come fa a vivere un erede del vecchio benzinaio?
"Quel costo si riferisce a chi fa il pieno a casa, attaccandosi alla rete domestica di elettricità. Se si fa rifornimento in una stazione di servizio il costo è doppio, sono circa due euro. Sempre pochissimo, ma garantisce un buon margine di guadagno per il distributore perché noi li aiutiamo nella realizzazione dell'impianto. Una stazione di servizio normale, con compressori standard, costerebbe circa 130 mila euro, ma se invece si usano i nostri motori al posto dei compressori i costi si abbassano fino a 39 mila euro per stazione".

Ovviamente serve qualcuno che arrivi alle stazioni...
"Si, se non ci sono macchine in giro non c'è business. E' un sistema complesso, che va visto nell'insieme. Ed è questo che ha affascinato la Tata. Ha una visione globale".

Quando si parla di bombole la gente ha sempre paura...
"Ha ragione, ma lavoriamo con livelli di efficienza altissima. Siamo allineati la pressione di gonfiaggio del gas naturale con la differenza che dentro le nostre bombole non c'è Gpl o Metano, ma aria... Gonfiata a 248 bar. La bombola poi è la stessa di quelle del metano".

Quindi anche quelle vanno revisionate?
"Si, ogni 5 anni, vanno controllate per legge. Ma voglio essere chiaro: in questa macchina non c'è niente di strano, nel motore ci sono bielle e pistoni, mentre il circuito dell'aria è lo stesso delle auto a Gpl o metano. Per questo nel nostro progetto c'è anche la voglia di rimettere in moto i piccoli garage. Nel sistema vogliamo far tornare in vita le piccole officine che potranno fare la semplicissima manutenzione di cui hanno bisogno queste macchine che non inquinano, non sporcano, hanno un olio motore eterno, non hanno circuito dell'acqua, non c'è alta temperatura di funzionamento. E le macchine sono fatte di pochissimi pezzi. La carrozzeria ne ha solo tre. Ma non le ho parlato poi di altri vantaggi legati all'aria compressa".

Ce ne sono già abbastanza...
"No: la temperatura del motore è al rovescio, cioé caldo fuori e freddo dentro, cioé meno 20 gradi dentro la camera 'di combustione' (nome improprio perché non brucia nulla, ma solo per capire il discorso). Per cui usiamo i 'gas' di scarico per raffreddare l'abitacolo, al posto del condizionatore. Ci sarà poi anche un piccolo baule per raffreddare le bibite. In più l'aria compressa  può essere usata per fare sicurezza, per gonfiare aribag esterni e salvare i pedoni. Abbiamo già dei prototipi funzionanti simili a quelli della Volvo".

A proposito di pedoni, l'auto ad aria fa rumore?
"Si, più dell'auto elettrica, ma molto meno di un'auto normale. Ha un rumore diverso, perché deriva da una sequenza diversa. Al minimo non emette suoni perché il motore è fermo. Quando si accelera si sente uno sbuffo, un rumore indescrivibile, tutto suo, sembra quasi un motore a due tempi, ma con frequenze bassissime. Il motore poi alla velocità massima fa appena 1500 giri, quindi un ulteriore vantaggio".

 



FONTE:Ci siamo, arriva l'auto ad aria 7000 euro e 100 km con 1 euro - Repubblica.it

giovedì 29 marzo 2012

Foto Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali

Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali
 
Epson è arrivata prima di Google. Anche a Mountain View stanno sviluppando degli occhiali wifi basati su Android, ma l'azienda giapponese ha già lanciato i suo Moverio, degli occhiali Android con cui vivere un'esperienza web e social "indossata". In realtà sono disponibili in Giappone dallo scorso novembre, ma solo ora arrivano in occidente. In Italia da febbraio.
Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali
 
Attraverso gli occhiali, controllati attraverso un telecomando tattile da tenere in tasca, si può navigare sul web e visionare contenuti multimediali, anche in 3D
Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali
 
 
Secondo Epson, l'esperienza visiva è quella che darebbe un display da 80 pollici. La batteria ha una durata dichiarata di sei ore per carica e all'interno, la memoria è di 1 gigabyte, espandibile fino a 32 con una microSd
Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali
 
Nel telecomando c'è il cuore del dispositivo e i pulsanti/superfici di controllo per Android. Attraverso questo oggetto si interagisce anche con le applicazioni, che funzionano come su uno smartphone. La risoluzione dei display stereo arriva a 960x540
Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali
 
Il visore è rimovibile e il dispositivo può rimanere indossato da spento, così da proteggere l'incolumità degli utenti. Sempre che evitino di fuidare con un videogioco o la posta elettronica proiettata davanti agli occhi
Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali
 
Non costa poco il Moverio: alla cassa chiederanno 669 dollari. E naturalmente il punto di svolta per l'interessante tecnologia saranno le applicazioni dedicate. Non sono difficili da immaginare, Realtà Aumentata su tutte, ma al momento non si sa quante ne verranno realizzate. Il prezzo? Di tutto rispetto: 599 euro, Iva compresa (Seguono immagini del dispositivo)

Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali 

Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali 

Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali 

Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali 

Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali 

Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali  




FONTE:Foto Epson Moverio BT-100 Android dentro agli occhiali - 1 di 12 - Repubblica.it